« Lui è il mio vero papà! »

Il silenzio che seguì fu totale.
« Te lo avremmo detto », disse in fretta. « Alla fine. »
« Non ho mai pensato che fosse il momento giusto », ha aggiunto Jess.
Mi appoggiai allo schienale, ancora calmo, troppo calmo.
« Quando sarebbe stato il momento giusto? » ho chiesto.
« Dopo che le ho insegnato ad andare in bicicletta? Dopo le storie della buonanotte e gli incubi? O forse alla sua prossima festa di compleanno, quando avreste brindato entrambi alla ‘famiglia’? »
Nessuno rispose.
« Senti, amico, volevo solo starle accanto. »
« Per tua figlia? » chiesi.
« Interessante. Ti riferisci a quello che ho cresciuto per cinque anni? Quello che ha il mio nome? I miei occhi? Le mie abitudini? »
« Non volevo distruggere tutto », ha detto Jess.
« Avevo paura. Tu la amavi così tanto, e non sapevo come toglierti questo. »
« L’hai già fatto », dissi. « Solo che non l’hai ammesso. »
« Avete entrambi dieci minuti. Prendete le vostre cose. Uscite da casa mia. »
Il labbro di Lily tremava.
« Papà? »
« Tesoro, ascoltami. Ti amo. Non vado da nessuna parte. Mi avrai sempre, qualunque cosa accada. »
« Va bene. »
Le baciai la fronte e mi voltai verso Adam e Jessica.
« Mi hai sentito. Dieci minuti. »
Adam sussurrò qualcosa sul fatto che si scusasse. Jessica non riusciva a incrociare il mio sguardo. Non li guardai andarsene. Mi limitai a tenere Lily tra le braccia.
Il giorno dopo ho chiesto il divorzio.

Abbiamo iniziato il test di paternità qualche giorno dopo, ma la verità è che non mi interessano i risultati. È mia figlia. L’ho cresciuta, l’ho tenuta in braccio quando aveva la febbre, ho ballato con lei in cucina. È mia.
Ieri sera Lily si è sdraiata sul mio letto.
« Papà? » mormorò.
« Sì, tesoro? »
« Non voglio più giocare a quel gioco. »
« Neanch’io. Mi dispiace, tesoro mio, non avrai mai più a che fare con te. »
Mi guardò con occhi spalancati e sinceri.
« Sei ancora il mio vero papà? »
Non ho esitato.
« Lo sono sempre stato. Lo sarò sempre. »
Lei si mosse e appoggiò la testa sul mio petto.